giovedì 9 febbraio 2012

L'Orologio


Eccolo il mio foglio bianco.
Lo osservo silenziosamente immaginando già cosa accoglierà fra i suoi spazi infiniti.
Vedo già la responsabilità che si assumerà, dando rifugio ad un mondo nascosto. Vedo già la mia anima tradotta che cerca riparo in un luogo, bianco, puro, candido, senza contaminazioni, solo mio. Questo foglio che non sa quanto riesce a coccolare ed amare quello che nessun altro potrebbe.
Continuo a tormentarmi le mani, stringendo i pugni e affondando le unghie tra la carne. Lo faccio sempre quando mi sento perduta. E’ un dolore che mi ricorda di respirare. Mi da l’impressione di essere viva, di raccogliere le forze necessarie per prepararmi alla resistenza.
Sono un soldato tra le linee nemiche, combatto una guerra che è come se mi appartenesse da sempre ma che non ricordo più perché è cominciata. Corazzata e determinata, mi nascondo nelle trincee che riesco a ricavare nell’avanzata, le trincee che scavo a mani nude sanguinando, che mi costano un prezzo troppo alto ma che sono l’unica salvezza dalla resa totale. E’ un’avanzata, la mia, che procede lentamente e inesorabile.
Ho bisogno di fermarmi a volte per riprendere le forze necessarie e così, tra la terra umida che ho scavato, sosto ripensando ai morti e feriti che ho lasciato dietro di me.
Il sangue che ho versato ne è valsa la pena? A volte sono così certa delle mie conquiste che non ho dubbi. Altre volte, come ora, mi sento sopraffatta dalla stanchezza e dalla disperazione.
Non ho l’abitudine di ammetterlo. Non ho ancora imparato a fare uscire dalla mia bocca parole di autocommiserazione. Solo tu, mio foglio fedele, puoi raccogliere i miei dubbi. Solo tu mi dai la certezza che non giudicherai la mia debolezza. Lo urlerei se fossi capace e invece lo scrivo a te… sottovoce e di nascosto.
Ho il cuore in frantumi, in piccoli pezzi che non riescono a ritrovarsi. Sono triste, stanca, sola, disillusa, arrabbiata. Tanto arrabbiata. Non mi fermo mai, guardo oltre il dolore che mi stravolge, eppure è tutto inesorabilmente inutile.
C’è qualcosa di rotto dentro di me.
Si. Si deve essere spezzato qualcosa in tempi che non ricordo.
Come un orologio che smette di funzionare impeccabilmente perché una minuscola parte di lui si è rotta.
Ecco. Io sono così. Un orologio rotto.
Un bell’orologio che tutti vorrebbero indossare, elegante, alla moda, ma che non funziona. Lo vedi e pensi che sia un orologio perfetto, lo indossi e sai che non serve a niente. E pensi che lo puoi aggiustare, che riuscirai a trovare il guasto e sostituirlo con una parte nuova, lo smonti, lo osservi, ci perdi ore, provi e riprovi. Ma quella parte nuova non sarà mai come l’originale, non lo farà mai funzionare come prima, si incepperà quell’orologio, non ti darà mai l’ora esatta.
Io ci provo a trovare quel guasto dentro di me. Ogni singolo giorno della mia vita è speso per cercare cosa si è rotto. Ma come si trova qualcosa che non sai nemmeno cos’è. Come si fa a cercare di riparare qualcosa che non hai rotto tu. E’ come se dovessi inventarmi un mestiere. La ripara-guasti di qualcun altro che si è preso la briga di non farmi funzionare come avrei dovuto.

martedì 7 febbraio 2012

Bianca come il latte, rossa come il sangue

"I greci raccontavano che originariamente l'uomo era sferico e che Zeus per punirlo delle sue malefatte lo aveva spaccato a metà. Le due metà, vagano per il mondo e si cercano. La nostalgia le spinge a cercare ancora e ancora, e quando si trovano, quella sfera vuole tornare unita.
Questa storia ha del vero, ma non è sufficiente. Quando le due metà si incontrano di nuovo, hanno vissuto le loro vite fino a quel momento. Non sono uguali a come si erano lasciate. I loro lembi non coincidono più. Hanno difetti, debolezze, ferite. Non basta che si incontrino di nuovo e si riconoscano. Adesso devono anche scegliersi, perchè le due metà non combaciano più perfettamente, ma solo l'amore porta ad accettare gli spigoli che non combaciano e solo l'abbraccio li smussa, anche se fa male." - Alessandro D'Avenia